Jovanotti cantava che “la vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare”, ed è per convincerti di questo che ho intervistato il pilota di linea Francesco Mercorelli: su Instagram aiuta i suoi follower a superare la paura di volare con spiegazioni tecniche, ma accessibili a tutti, sul funzionamento di un aeroplano e sulle procedure di volo.
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Già a 16 anni raggiungeva l’aeroporto col motorino per poi decollare con l’aeroplano. Dalla licenza privata, passa a quella commerciale a 21 anni, età in cui diventa pilota di prima classe su un MD-80.
Inizia a volare dall’Italia all’Europa e successivamente si abilita per pilotare l’Airbus A320, l’aeroplano attualmente più diffuso insieme al Boeing 737.
A causa del curriculum ancora acerbo, fatica a trovare lavoro, allora si propone fuori dai confini europei, e vola per un anno per una compagnia iraniana; un trampolino per l’Europa, che lo porta prima a Manchester e poi ad Amsterdam.
Le ore di volo iniziano ad accumularsi, e complice una carenza di piloti, trova impiego in Italia.
Arriva la pandemia, e questa intervista che attraverso le parole di Francesco ci porta all’interno dell’affascinante e semisconosciuto mondo dell’aviazione.
Ci rileggiamo all’atterraggio: buon viaggio! 😉

Com’è nata l’idea di condividere su Instagram il tuo lavoro e i consigli per superare la paura di volare?
Nell’agosto del 2016, un collega mi invitò ad aprire un account su Instagram, ma gli risposi che era già troppo faticoso stare dietro a Facebook. Quella sera stessa invece lo aprii, accorgendomi subito dell’enorme potenziale che aveva.
Cominciai a condividere la mia quotidianità, che in quel periodo era veramente interessante perché facevo attività aerea charter in cui portavo in vacanza le persone, e molto spesso mi fermavo con loro. La compagnia aerea mi chiese di collaborare, e dopo qualche scambio di post finii sul giornaletto di bordo: con 18 aeroplani che volavano per quattro tratte al giorno, mi svegliavo la mattina con una media tra i 400 e i 1000 follower in più sul profilo.
Influencer e personaggi famosi iniziarono a condividere i miei contenuti, e i giornali nazionali a pubblicare articoli su di me.
Tante persone mi scrivevano per dirmi di apprezzare le mie foto e di desiderare di volare, ma di averne paura; ho capito che c’era la necessità di un aiuto sincero su questo argomento, così ho cominciato a rispondere alle loro domande nelle storie di Instagram.
Com’è composta la tua community e quanti, in percentuale, ti seguono per provare a superare la paura di volare?
Un buon 50% della community mi segue per superare la paura di volare; l’altro 50% del pubblico lo identificherei come amanti dell’aviazione e dei viaggi ed estimatori dello stile di vita che conduco.
Secondo la tua esperienza, l’aerofobia deriva per lo più da cause psicologiche, da una percezione di insicurezza in alcune fasi del volo o dalla scarsa conoscenza del funzionamento di un aereo?
Sicuramente le cause psicologiche sono al primo posto. Un’esperienza negativa in volo lascia uno stress post traumatico, mentre eventi traumatici esterni all’aviazione, come per esempio un incidente stradale, possono ripercuotersi negativamente sull’esperienza di volo.
Inoltre, per chi soffre d’ansia prendere l’aereo è molto faticoso, perché vuol dire lasciare i propri affetti, le sicurezze terrene e i luoghi noti per spostarsi in qualcosa di “insicuro”: è come quando vai in un posto nuovo e ti occorre qualche giorno per familiarizzarci.
Per questo dico sempre ai miei follower che in aereo è bene creare un proprio spazio mentale di comfort, e tenere a mente che quando gli americani hanno un problema, la prima cosa che fanno è sbattere il Presidente degli Stati Uniti su un aereo: questo ci dovrebbe far capire quanto sia sicuro!
Aver paura delle turbolenze e pensare che l’aereo precipiterà, invece, vuol dire avere scarse conoscenze sul funzionamento del velivolo; anche i rumori sono spesso male interpretati, ma sono legati a meccanismi essenziali di funzionamento, come può essere quello della pompa idraulica che serve ad aprire la stiva al parcheggio.
Quali sono le paure più frequenti dei passeggeri prima e durante il volo?
Il decollo è la situazione che spaventa la maggior parte di passeggeri, perché non ne conoscono le modalità. Comunemente si pensa che consista nel premere l’acceleratore e dare potenza, ma è una fase molto più studiata e controllata, e quasi mai un aeroplano decolla al cento per cento della spinta, sia per salvaguardare l’usura dei motori sia per economizzare il volo. Inoltre, mentre l’atterraggio è obbligatorio, il decollo è facoltativo: in caso di gravi anomalie, il pilota può interrompere la corsa di decollo.
Poi ci sono le turbolenze, perché generano gli scossoni e di conseguenza le urla dei passeggeri, che creano una sorta di panico generale in cui si rischia di farsi coinvolgere.
In realtà, le oscillazioni di un aeroplano sono normali, perché indicano che il velivolo è elastico e quindi capace di sopportare le turbolenze: dovremmo preoccuparci se l’aeroplano non oscilla!
Infine, c’è la paura del maltempo, e quella sensazione che l’aereo si infili all’interno delle tempeste; non è assolutamente così. Nel novanta per cento dei voli, l’aeroplano vola in condizioni meteo ottimali o sfiora le perturbazioni: il radar meteo di bordo, le regole e la nostra coscienza, ci permettono di individuare ed evitare il pericolo.
L’aereo è un mezzo di trasporto più sicuro rispetto all’auto, che tanti di noi usano quotidianamente; cosa contribuisce, secondo te, a enfatizzare la paura del volo e a tollerare, invece, il rischio di guidare un’automobile?
Il fatto di non farlo tutti i giorni. Quante volte alla settimana usi il phon per asciugarti i capelli?
Una volta ogni due giorni.
E quante volte prendi l’aereo?
Una volta ogni due mesi, se sono fortunata.
Il fatto di usare il phon quasi tutti i giorni e quindi di conoscerne i rumori, il funzionamento, quali sono i pulsanti per spegnerlo, ti rende sicura sull’utilizzarlo, nonostante sia potenzialmente molto pericoloso; magari siamo distratti e lo poggiamo sul bagnato, ma non ce ne rendiamo assolutamente conto perché sottovalutiamo il rischio di quell’azione. Scommetto, però, che il giorno che il tuo phon farà un rumore strano e incomincerà a emettere fumo, lo lancerai via!
Il punto è che ogni giorno compiamo azioni di cui sottovalutiamo il rischio, mentre invece per noi piloti la valutazione del rischio è fondamentale: per ogni tratta, facciamo un briefing per discutere di quello che ci aspetta, in cui nell’ultima parte esaminiamo i rischi di quello specifico volo.
Per esempio, se siamo stanchi perché è l’ultima tratta, se c’è un temporale nelle vicinanze, o se il decollo avverrà in un aeroporto molto trafficato. Questo serve a mettere in atto delle azioni adeguate a evitare errori o pericoli e a prepararci mentalmente a qualsiasi evento che potrebbe verificarsi.
L’avanzamento tecnologico, le procedure di sicurezza e la preparazione dell’equipaggio hanno raggiunto standard di efficienza altissimi; quali sono i casi in cui non si può in alcun modo evitare una catastrofe?
In Europa attualmente abbiamo un livello di incidenti aerei bassissimo, mentre al di fuori il dato dipende dal paese e dalla compagnia con cui si vola.
Se parliamo dell’Italia, gli incidenti riguardano piccoli velivoli monomotore o plurimotore a elica, soprattutto elicotteri, e velivoli militari; i primi sono molto più soggetti ai fenomeni meteo avversi, non avendo sistemi di protezione adeguati, mentre i secondi effettuano voli operativi, soggetti a manovre particolari e situazioni differenti da quelle che affronta un volo di linea civile.
In generale, l’incidente aereo va studiato secondo la teoria del formaggio svizzero: immaginiamo di tagliare tante fette e di metterle sul tavolo una di fronte all’altra, e provare con una penna in orizzontale a prendere tutte le fette passando attraverso i buchi. Non sarà sempre possibile, giusto?
Ogni fetta di formaggio rappresenta una barriera di protezione che noi operatori dell’aviazione mettiamo, come per esempio l’addestramento dell’equipaggio o le checklist; capita il giorno in cui la penna riesce a oltrepassarle tutte, e quello si chiama ‘incidente’.
Il punto è che un incidente aereo non ha mai una sola motivazione.
Cosa può fare il personale di bordo per supportare e assistere un passeggero in forte stato d’ansia?
Il personale di bordo è addestrato anche per questa evenienza, sia psicologicamente sia con medicinali adeguati.
A chi si appresta a volare, cosciente di aver paura o di soffrire di ansia o attacchi di panico, consiglio di informare il personale di bordo già dall’ingresso sul velivolo; in questo modo potrà godere di maggiori attenzioni, e questo favorisce uno stato d’animo più rilassato.
Dove è meglio sedersi all’interno dell’aeroplano per aumentare la sensazione di comfort?
Noi piloti facciamo molte tratte di posizionamento da passeggeri, e ho constatato che la parte anteriore è la migliore per quanto riguarda turbolenze, stabilità dell’aeroplano, comfort, condizionamento, vicinanza al bagno e uscita dal velivolo.
Se optare per finestrino o corridoio è una scelta personale; in genere chi soffre di claustrofobia preferisce il corridoio e chi non vuole essere disturbato sceglie il finestrino.
Tre consigli super efficaci per affrontare la paura di volare.
Il primo è informarsi. Seguire un profilo come il mio può essere utile per avere risposte logiche e sicure e non affidarsi a quelle che si possono immaginare autonomamente.
Il secondo consiglio per affrontare la paura di volare è volare: più si vola e più ci si abitua a quella situazione.
Il terzo consiglio potrebbe essere frequentare un corso per affrontare la paura di volare, che faccia uso di simulatori di volo.
Un consiglio extra è indagare sulle cause della paura; spesso gli stati d’ansia emergono per motivi che esulano dal mondo dell’aviazione.
Un pilota ha delle paure? Se sì, quali sono le tue?
Così come un lavoratore, alle otto del mattino, prende la macchina e va in ufficio, io alle otto del mattino prendo l’aereo e vado in volo: la routine, la consapevolezza e la sicurezza in me stesso, limitano la paura alla giusta dose.
Occorre poi distinguere la paura dal panico; dalla paura possiamo trarre beneficio, ma se essa degenera in panico, allora sfocia in comportamenti pericolosi e in decisioni sbagliate.
Un pilota che non ha paura, invece, è un pilota un po’ “macho”, che non è gradito da una compagnia perché non sente la sensazione del pericolo.
Sfido chiunque a dire che non ha mai paura, perché la paura fa parte di noi esseri umani, ma è lì che entra in gioco il coraggio… e secondo me il pilota deve esserne dotato: stiamo pur sempre guidando in mezzo alle forze della natura.

Ci si abitua a stare con la testa per aria?
Stiamo chiusi in cabina di pilotaggio anche quindici ore al giorno, e ciò vuol dire lasciare a terra gli affetti, spegnere i cellulari, non sapere quello che accade nel mondo, e magari scoprire, una volta atterrati, che la nostra vita è cambiata.
Inoltre, quando siamo su e stiamo pilotando, pensiamo molto a quello che dobbiamo fare e che faremo, e può essere massacrante.
Può non sembrare, ma il nostro è un lavoro faticosissimo, perché il corpo è sì seduto, ma a quarantamila piedi di altezza; è come se stesse correndo una maratona dieci volte più intensa di quella che farebbe a terra: il cuore pompa più velocemente, gli organi sono compressi dalla pressurizzazione, assorbiamo le radiazioni solari e siamo sottoposti a pressioni, vibrazioni, temperature e movimenti per i quali non siamo stati creati.
E poi, c’è la fatica mentale di portare un aeroplano che va a mille chilometri orari con la necessità di essere, con la testa, già a mille chilometri più avanti per preparare l’atterraggio.
Quindi ci si abitua alla routine e allo sforzo, ma non all’esperienza del volo nella sua complessità.
Cos’è per te volare?
Volare è una passione, è la mia vita ed è ciò che mi consente di essere felice.
Mi sono fatto una promessa. Questo lavoro, per il momento, non esiste più; economicamente posso andare avanti per sei anni: se fra sei anni nulla sarà cambiato, allora cambierò lavoro.
Oggi Francesco è tornato a volare, e presta servizio per una compagnia italiana.
Il lockdown è un ricordo e abbiamo ripreso a viaggiare; forse, con più consapevolezza e gratitudine. E magari con una meraviglia rinnovata nei confronti di quel mezzo con le ali che ci permette di lasciare giù, per qualche ora, tutto il nostro mondo, per vivere soltanto il presente.
L’intervista è stata rilasciata all’inizio della pandemia da Covid-19.